Passa ai contenuti principali

PROGRAMMA E METODO DIDATTICO

Informazioni:

Laura Nalin (Segretario e Tesoriere) +39.333.4145.141, email: asdyogacitra@gmail.com

OBBIETTIVI

La formazione ha come scopi la PROMOZIONE, l’AGGIORNAMENTO e lo SVILUPPO DELLE COMPETENZE del praticante di Yoga.
Nella nostra visione lo Yoga è:
  • CONOSCERE
  • COMPRENDERE
  • ESSERE
Per CONOSCERE si intende il SAPERE, ovvero sia l’apprendimento delle nozioni tecniche e teoriche della disciplina: Anatomia, Fisiologia sottile, Biomeccanica, Storia e Filosofia dello Yoga, Mitologia indiana, sia gli scopi della pratica dello Yoga.
Per COMPRENDERE si intende il SAPER FARE, ovvero lo sviluppo delle ABILITÀ intese come CAPACITÀ di AGIRE mettendo in pratica le conoscenze acquisite.
Per ESSERE si intende l’INTEGRAZIONE tra caratteristiche innate dell’individuo, la sua personalità, il SAPERE e il SAPER FARE. ESSERE riguarda sia la spinta verso l’acquisizione di nozioni e abilità, sia la capacità di comunicare ad altri le nozioni e le abilità.
ESSERE è insieme il punto di arrivo e il punto partenza per acquisire nuove nozioni a abilità.

COMPETENZE

La pratica senza la teoria è cieca, come cieca è la teoria senza la pratica.
(Protagora)
L'intelligenza non consiste soltanto nella conoscenza, ma anche nella capacità di applicare la conoscenza alla pratica.
(Aristotele)

La TEORIA riguarda il Sapere, ovvero l’insieme delle nozioni necessarie a svolgere li ruolo dell’insegnante Anatomia, Fisiologia sottile, Biomeccanica, Storia e Filosofia dello Yoga, Mitologia indiana, finalità della Pratica.
La PRATICA riguarda il Saper Fare, ovvero la capacità di eseguire e di insegnare le tecniche tradizionali di Haṭḥayoga:
  • Ṣaṭkriyā;
  • Āsana, Bandha, Mudrā, Vinyāsa;
  • Prāṇasaṃrodha (Prāṇāyāma);
  • Pratyāhāra;
  • Dhāraṇā;
  • Dhyāna.
Occorre equilibrare costantemente TEORIA e PRATICA, e occorre considerare che avere una conoscenza di base di Anatomia, Biomeccanica, Filosofia ecc. e il saper eseguire āsana e sequenze di elevata difficoltà non significa per forza essere un buon insegnante.

COMUNICAZIONE

Il formatore deve imparare innanzitutto a COMUNICARE.
La comunicazione avviene su tre livelli:
  1. Verbale;
  2. Para-verbale;
  3. Non Verbale.
La Comunicazione Verbale è il linguaggio discorsivo, articolato in parole e frasi che noi definiamo Espressione del Pensiero, ovvero “Linguaggio della Mente”.
La Comunicazione Para-verbale è l’insieme degli elementi che formano il modo in cui qualcosa viene detto:
  • Tono della voce;
  • Volume;
  • Ritmo;
  • Timbro della voce;
  • Suoni inarticolati (risate, sospiri, sbadigli ecc.) che accompagnano la Comunicazione Verbale.
Un insieme che noi definiamo Espressione delle Emozioni, ovvero “Linguaggio della Vita”.
La Comunicazione Non Verbale è l’insieme di posture, sguardi, movimenti che accompagnano la Comunicazione Verbale e la Comunicazione Non Verbale e che noi definiamo Espressione del Gesto, ovvero “Linguaggio dell’Anima”.
Lo yogin in genere e il Formatore in particolare, deve tendere all’integrazione dei tre linguaggi.

I TRE LINGUAGGI ED I TRE GUṆA

Nel nostro Sistema di Insegnamento i tre tipi di comunicazione sono collegati simbolicamente alle tre divinità che compongono la Trimūrti:

  • Linguaggio della Mente – Brahmā;
  • Linguaggio della Vita - Viṣṇu;
  • Linguaggio dell’Anima – Śiva.
Le tre divinità, per noi, vanno intese come la rappresentazione antropomorfa dei tre Guṇa:
  • Brahmā – Rajas Guṇa (crepuscolo, inizio);
  • Viṣṇu – Sattva Guṇa (giorno, mantenimento);
  • Śiva – Tamas Guṇa (notte, fine);
I tre Guṇa sono sottoposti tradizionalmente a due leggi:
  1. Legge dell’Alternanza;
  2. Legge della Continuità.
La Legge dell’Alternanza consiste nell’equilibrio e nel fluido compenetrarsi dei tre Guṇa, esattamente come il giorno e la notte si sciolgono nel crepuscolo (alba e tramonto) e dal crepuscolo prendono forma.
La Legge della Continuità consiste nella dominanza protratta nel tempo di uno dei tre Guṇa sugli altri e provoca rigidità, malattia e squilibrio.

DINAMICA DELL’APPRENDIMENTO

L’apprendimento è sempre trasformazione. In quest’ottica dobbiamo distinguere tre diverse funzioni dell’apprendimento[1]:
  • Apprendimento “Dialettico”, legato al Linguaggio della Mente e al Pensiero (Brahmā), che riguarda ciò che ci viene comunicato tramite la parola ed è frutto di una “Cultura Condivisa”, fatta di simboli, miti, temi letterari, condivisi nel gruppo o comunità di appartenenza; Potremmo sintetizzare l’Apprendimento “Dialettico” in termini di “Ciò che ascolto e ciò che vedo”.
  • Apprendimento “Auto-riflessivo” o “Trasformativo”, legato al Linguaggio della Vita e alle Emozioni (Viṣṇu), che riguarda la capacità di trasformare e superare grazie alla riflessione e alla meditazione schemi di comportamento “cristallizzati” in base ad esperienze pregresse e credenze individuali; Potremmo sintetizzare l’Apprendimento Auto -riflessivo in termini di “ciò che sento” (auto ascolto e visione interiore).
  • Apprendimento “Strumentale”, legato al Linguaggio dell’Anima e al Gesto (Śiva), che riguarda l’Azione e la conoscenza delle leggi che regolano l’Azione. Potremmo definire l’apprendimento Strumentale in termini di “ciò che dico e ciò che faccio”.

ANATOMIA GENERALE

Per insegnare Haṭhayoga, occorre una conoscenza non superficiale dell’anatomia umana, per cui, a prescindere dai moduli tematici che la nostra scuola propone periodicamente, è necessario che gli aspiranti insegnanti, qualora non abbiano competenze acquisite in precedenza approfondiscano i seguenti argomenti:
  1. Sistema scheletrico - classificazione delle ossa, anatomia umana (suddivisione tra scheletro assile e scheletro appendicolare, cintura scapolare e cintura pelvica come connessioni tra scheletro assile e scheletro appendicolare ecc.);
  2. Sistema muscolare - funzioni del sistema muscolare, divisione tra muscoli volontari e muscoli involontari, tipi di muscoli (scheletrici, lisci e cardiaco);
  3. Sistema endocrino o ormonale – ghiandole endocrine ed esocrine, regolazione e rilascio degli ormoni, funzione e modalità di azione degli ormoni.
  4. Apparato circolatorio – caratteristiche generali e funzioni del cuore, dei vasi sanguigni (arterie e vene) e dei vasi linfatici.
  5. Sistema nervoso – suddivisione tra sistema nervoso centrale e sistema nervoso periferico, sistema nervoso autonomo (simpatico e parasimpatico), principali componenti anatomiche del sistema nervoso centrale (midollo spinale, cervello, tronco encefalico, ipotalamo, talamo, cervelletto, amigdala, ippocampo, corteccia celebrale, ventricoli celebrali), struttura dei neuroni, struttura della meningi, funzione composizione del liquido cefalorachidiano;
  6. Apparato genitale – gonadi, organi genitali esterni, gonodotti, differenze tra apparato genitale femminile e maschile, funzioni degli ormoni sessuali femminili e maschili.
  7. Apparato respiratorio – naso esterno (fosse nasali e cavità nasali), faringe, laringe, trachea, bronchi e bronchioli, polmoni (alvei polmonari), pleura, fisiologia della respirazione (muscoli intercostali, diaframma, scambio gassoso tra ossigeno e anidride carbonica, ruolo dell’emoglobina.

MOVIMENTO NATURALE

Prima di poter insegnare posture e sequenze, occorre imparare la dinamica del movimento naturale, una modalità che nella nostra scuola definiamo “arrendersi alla gravità”.
Le basi del movimento naturale sono le seguenti:
  1. Il corpo dell'animale uomo è nato per lottare. Lotta continuamente per sopravvivere e questo significa che deve mettere il corpo in grado di attaccare o fuggire, cioè muoversi, nella maniera più efficace possibile.
  2. Il movimento più efficace ai fini della sopravvivenza è quello più ergonomico, quello che, cioè, porta ad ottenere il massimo risultato con il minor dispiego di energia.
  3. Il minor dispiego di energia si ottiene passando velocemente da una condizione di estensione ad una condizione di riposo: se devo afferrare una mela allungo il braccio e di conseguenza tutto il corpo verso il ramo; se devo mangiare la mela che ho afferrato, rilasso immediatamente il corpo per concentrare le energie sull'assimilazione del cibo.
Per lavorare sul Movimento Naturale dovremmo approfondire i concetti di “meridiani mio-fasciali” e di “unità funzionali del corpo”.
Nel Movimento Naturale si identificano sette tipi di fasce o catene muscolari o meridiani mio-fasciali (Vedi Anatomy Trains – Myofascial Meridians for Manual & Movement Therapists” di Thomas W. Myers – Edizioni Churchill Livingstone):
  1. “Posteriore” (la catena più lunga del corpo, che collega i muscoli delle dita dei piedi ai muscoli della fronte passando per i muscoli posteriori delle gambe e i muscoli della schiena, da cui dipendono la postura e lo spostamento sull’asse sagittale, avanti-dietro);
  2. “Anteriore superficiale” (che bilancia la catena posteriore ed ha la funzione di proteggere gli organi addominali)
  3. "Anteriore profonda” (che svolge un ruolo prioritario nel movimento in genere);
  4. “Laterale” (che riguarda gli spostamenti laterali);
  5. “A spirale” (che influenza tutti i movimenti ed ha un ruolo primario nelle torsioni);
  6. “Del braccio” (che collega i muscoli della mano a quelli del cinto scapolare e ai pettorali);
  7. “Indotta” o “funzionale” (che viene creata dall’apprendimento di movimenti complessi, tra virgolette “non naturali”, come quelli della danza e dello sport).
Le fasce muscolari sono collegate agli organi interni e ai sei principali diaframmi del corpo:
  1. Pelvico;
  2. Urogenitale;
  3. Toracico;
  4. Della Gola;
  5. Del palato molle;
  6. Tentorio.
La relazione tra meridiani mio-fasciali e diaframmi dà luogo a tre diverse “Unità Funzionali” (U.F.):
  • Testa e collo (U.F. del pensiero);
  • Torace e addome (U.F. dell’emozione).;
  • Gambe, braccia e mandibola (U.F. dell’azione).
Un blocco in una delle tre Unità Funzionali, attraverso i diaframmi e i meridiani mio-fasciali, si ripercuote sulle altre due, sui visceri e sulle ossa. Ciò significa che, grazie al sistema mio-fasciale un blocco emotivo o una rigidità mentale si esprimono nella postura del corpo e nella qualità del movimento, così come una contrattura muscolare o l’ipertrofia di un organo interno finiscono per influenzare la condizione mentale e la sfera emotiva.

Approfondimenti consigliati

ELEMENTI DI BIOMECCANICA, POSTUROLOGIA E OSTEOPATIA:

  • l Metodo Mézières (caratteristiche generali);
  • L’Osteopatia di Andrew Taylor Still (caratteristiche generali);
  • Anatomy Trains di Tom Myers (caratteristiche generali);
  • La Chinesiologia di Carl August Georgii (caratteristiche generali);
  • La Ginnastica svedese di Pehr Henrik Ling (caratteristiche generali);
  • Yoga Terapeutico. Anatomia completa delle posizioni” di Ray Long, C. Macivor, G. Cerquetti (traduttore).

IL CONCETTO DI FLOW

Il concetto di “Flusso”, inteso come una condizione caratterizzata dal totale coinvolgimento di “Corpo, Parola e Mente” è fondamentale nella nostra scuola.
Nello yoga, semplificando, si possono individuare tre principali caratteristiche:
  • Focalizzazione sulla sequenza (o posizione);
  • Identità tra pratica e obbiettivo da raggiungere;
  • Positività e gratificazione nello svolgimento della sequenza.
La “teoria del Flusso” è stata elaborata nel XX secolo da uno psicologo ungherese dal nome impronunciabile: Mihàly Csikszentmihàlyi.
Csikszentmihàlyi utilizzò per la prima volta il termine inglese “flow” in un libro del 1975 - “Beyond Boredom and Anxiety”, San Francisco, CA, Jossey-Bass (edizioni) ISBN O-87589-261-2 – per definire uno stato di coscienza descritto da molte delle persone da lui intervistate come “una corrente d’acqua che trascina”.
In due libri successivi[2] Csikszentmihàlyi introdusse il concetto di flusso come “esperienza ottimale”, ovvero un esperienza nel campo del lavoro, dello sport o della vita sociale, in cui le prestazioni raggiungono il culmine in una condizione di “apparente assenza di sforzo accompagnata da uno stato d’animo estremamente positivo”.
L’esperienza di flusso, secondo Csikszentmihàlyi e Jeanne Nakamura[3], è caratterizzata dai seguenti fattori:
  1.  “Intense an focused concentration on the present”: Concentrazione totale sull’azione in un “limitato campo di attenzione” – per fare un esempio il calciatore che batte il calcio di rigore senza essere coinvolto né dal ricordo delle esperienze del passato, anche recentissimo, né dalle possibili conseguenze di un suo errore o di un suo successo;
  2. Merging of Action and Awarness”: Integrazione o meglio “identificazione” di azione e consapevolezza – il soggetto è così assorbito nell’azione dall’identificarsi completamente in essa tanto da far apparire, a se stesso e agli altri, l’azione più complessa come “naturale”, “facile”;
  3.  “A loss of reflective self-consciouness” Perdita dell’autoconsapevolezza – ovvero momentaneo annullamento dell’ego;
  4. A sense of personal control or agency over the situation or activity”: Senso di controllo – ovvero la percezione di poter dominare la situazione;
  5. A distorsion of temporal experience, one’s subjective experience of time”: Distorsione del tempo – ovvero il tempo può apparentemente dilatarsi o contrarsi;
  6.  “Experience of the activity as intrinsecally rewarding, also referred to as autotelic experience”: Esperienza “autotelica” – ovvero l’esperienza del piacere che nasce dal semplice agire, a prescindere dalle aspettative.
Questi sei aspetti possono separatamente essere riconosciuti in ogni genere di esperienza, ma la “Flow experience” è caratterizzata dalla combinazione di tutti e sei. Kendra Chelly[4] aggiungerà poi altri tre fattori:
  • “Immediate feedback”: Retroazione (feedback) – ovvero la capacità del soggetto di “autoregolarsi” tenendo conto istantaneamente delle modificazioni del suo “sistema corpo-mente” e degli effetti che produrranno tali modificazioni (esempio l’arciere che in maniera apparentemente istintiva varia impercettibilmente l’inclinazione della freccia o la tensione dell’arco per far fronte ad un improvviso colpo di vento ed arrivare a centrare il bersaglio);
  • Feeling the potential to succeed”: Essere consapevoli di avere le capacità di “portare a termine il compito” che potremmo interpretare come equilibrio tra sfida e capacità – ovvero il compito attribuito (azione ed obbiettivo) non deve essere né troppo facile (ci deve essere uno stimolo, una sfida), né troppo difficile (cercare di andare oltre le proprie capacità porta al logoramento delle energie psicofisiche);
  • Feeling so engrossment in the experience, that other needs become negligible”: essere così assorbiti dall’esperienza da poter trascurare gli altri bisogni.

VINYASA

Nella nostra Scuola la parola vinyāsa indica sia i movimenti di transizione compiuti da uno yogin per passare da una posizione all’altra sia l’insieme di posizioni e passaggi eseguiti praticando una sequenza di āsana. In epoca moderna il primo a descrivere i vinyāsa e ad inserirli in un sistema di insegnamento fu Krishnamacharya, che nei suoi libri “Yoga Marakanda” (1934) e, soprattutto “Yogasanagalu”(1941) – ai quali noi facciamo riferimento - (descrive un certo numero di posizioni e di sequenze.
Le sequenze proposte da Krishnamacharya sono frutto un “work in progress” o di “improvvisazioni guidate” nel senso che le sequenze venivano adattate agli allievi tenendo conto della loro “ages, constitutions (deha), vocations (vrttibheda), capabilities (sakti), and paths (marga)"[ “in accordo con le loro età, costituzione fisica, qualificazione, capacità e cammino spirituale”].
Vinyāsa per noi va inteso come un qualcosa di simile alle improvvisazioni di un danzatore crea una coreografia. Scrive Srivasta Ramaswami, allievo diretto di Krishnamacharya:

“My guru believed that the correct vinyasa method is essential in order to receive the full benefits from yoga practice:
From time immemorial the Vedic syllables…are chanted with the correct (high, low, and level) notes. Likewise, sruti (pitch) and laya (rhythm) govern Indian classical music. Classical Sanskrit poetry follows strict rules of chandas (meter), yati (caesura), and prasa (assemblage). Further, in mantra worship, nyasas (usually the assignment of different parts of the body to various deities, with mantras and gestures)—such as Kala nyasa, Matruka nyasa, Tatwa nyasa—are integral parts. Likewise yogasana (yogic poses), pranayama (yogic breathing exercises), and mudras (seals, locks, gestures) have been practiced with vinyasas from time immemorial. "However, these days, in many places, many great souls who teach yoga do so without the vinyasas. They merely stretch or contract the limbs and proclaim that they are practicing yoga…"

FISIOLOGIA SOTTILE

Nei nostri corsi facciamo riferimento soprattutto alle concezioni dello Haṭhayoga medioevale. A prescindere dai temi dei moduli che proponiamo consigliamo di approfondire i seguenti temi:
  1. Elementi di Āyurveda (doṣa, marma, nāḍī);
  2. La disposizione e le caratteristiche dei cakra secondo il Sat cakra Nirūpana;
  3. La disposizione e le caratteristiche dei cakra secondo il tantrismo tibetano in generale e il Kālacakra in particolare;
  4. La disposizione e le caratteristiche dei cakra secondo la Società teosofica;
  5. La fisiologia sottile secondo le “Yoga Upaniṣad”, in particolare secondo la “Kuṇḍalinī yoga Upaniṣad”.

FILOSOFIA DELLO YOGA

Gli orizzonti della filosofia indiana sono così vasti da non poter assolutamente pretendere di averne una visione esaustiva in 2, 3 o 10 anni di corsi, ma è necessario che un insegnante abbia una conoscenza della struttura e delle caratteristiche generali dei seguenti testi e argomenti:
  1. I quattro Veda (Ṛgveda (ऋग्वेद), o "Libro degli Inni”, Sāmaveda (सामवेद), o "Libro dei Canti", Yajurveda (यजुर्वेद), o "Libro delle Formule Rituali e dei Sacrifici", Atharvaveda (अथर्ववेद), o "Libro delle Formule Magiche”) - caratteristiche generali e cenni storici;
  2. Le 108 Upaniṣad “ortodosse”;
  3. I quattro Upaveda (Dhanurveda. Arte del tiro con l’arco e tecniche militari, Gāndharvaveda. Arte della Musica, della Danza e del Canto, Sthapatyaveda. Arte della spada, metallurgia e Architettura, Āyurveda. Arte della Medicina);
  4. I sei Vedanga (शिक्षा śikṣā, la fonetica, le istruzioni per la fonazione e la pronuncia, छान्दस chāndasa ovvero la prosodia, l'insegnamento della divisione in sillabe, il ritmo, l'accentazione, il metro, la cadenza del linguaggio, व्याकरण vyākaraṇa, ovvero le regole grammaticali, निरुक्त nirukta ovvero l'etimologia indiana, lo studio della simbologia delle singole sillabe, ज्योतिष jyotiṣa, ovvero astronomia e astrologia, कल्प kalpa, lo studio dei rituali e del tempo;
  5. I sei darśana (NyāyaVaiśeṣikaSāṃkhyaYogaMīmāṃsā, Vedānta);
  6. I due poemi epici o itihāsa (Mahābhāratam e Rāmāyaṇam);
  7. I 18 purāṇa, maggiori e i 18 purāṇa, minori.

Samkhya

Si richiede inoltre una conoscenza approfondita dei 25 principi del Samkhya ai quali faremo riferimento durante tutti i nostri moduli:
  • 1. Prakṛti detto anche Mula (“radice”);
  • 2. Buddhi detto anche Mahat;
  • 3. Ahaṅkāra, senso dell'io;
A questi primi tre principi seguono la mente sensitiva (manas, che noi abbiamo posto al n.19 dello schema, ma spesso viene collocata al n.4), i cinque tanmātra, che rappresentano cinque potenzialità percettive, i cinque organi di senso ei cinque organi di azione.

Cinque tanmātra:

  • 4. Qualità auditiva o sonora; (śabda);
  • 5. Qualità della tangibilità (sparśa);
  • 6. Qualità della visibilità (rūpa);
  • 7. Sapidità (rasa);
  • 8. Qualità olfattiva (gandha);
Dai cinque tanmātra procedono undici facoltà individuali, ovvero cinque organi di sensi - buddhīndriya o jñānendriya - cinque organi di azione - karmendriya e il manas o “mente sensitiva”.
I cinque organi di percezione - jñānendriya - sono:
  • 9. Gli orecchi o l’udito (śrotra);
  • 10. La pelle e il tatto (tvak);
  • 11. Gli occhi o la vista (cakṣus);
  • 12. La lingua od il gusto (jihvā);
  • 13. Il naso o l’odorato (ghrāṇa);
I cinque organi di azione-karmendriya sono:
  • 14. Gli organi di escrezione (pāyu);
  • 15. Gli organi generatori (upastha);
  • 16. Le mani (pāṇi);
  • 17. I piedi (pāda);
  • 18. La voce, la parola/gola (vāc);
L’undicesima facoltà individuale è la mente percettiva:
  • 19. Manas o senso interno;
Dalle undici facoltà individuali procedono i cinque elementi gossolani o mahābhūta:
  • 20. Etere (ākāśa);
  • 21. Aria (vāyu);
  • 22. Fuoco (tejas);
  • 23. Acqua (ap);
  • 24. Terra (pṛthivī);
Infine, dalla combinazione di tutti i principi emerge il venticinquesimo, che in alcune scuole, dove viene riconosciuto come principio maschile assoluto, è posto al primo posto nello schema:
  • 25. Puruṣa.

STORIA DELLO YOGA MODERNO

Si richiede una conoscenza di base, almeno teorica dei seguenti stili e scuole:

  • Lo Yoga Vedanta di Swami Vivekananda;
  • Lo Yogoda di Yogananda;
  • Il “Sukshma Vyayama” di Dhirendra Brahmachari;
  • Lo Yoga Kurunta di Iyengar;
  • Lo Ashtanga Yoga di Pattabhi Jois;
  • Il Bikram Yoga.
Si richiede una conoscenza approfondita dei seguenti argomenti:
  • Lo Yoga di Krishnamacharya (studio approfondito del saluto al Sole e del concetto di Vinyāsa);
  • Lo Yoga di Shivananda (studio approfondito della serie Rishikesh)

HAṬḤAYOGA

Āsana

Nello Haṭḥayoga medioevale si fa riferimento a 84 posture descritte e illustrate in vari elenchi che mostrano alcune differenze tra loro. In genere possiamo parlare di varianti di un numero limitato di āsana. Consideriamo come fondamentali le principali posture sedute e le 12 posizioni della “Serie Rishikesh”;

Posizioni sedute:

  • Vajrāsana;
  • Vīrāsana;
  • Padmāsana;
  • Siddhāsana;
  • Sukhāsana.

Posizioni della Serie Rishikesh:

  1. Śīrṣāsana, verticale sulla testa, con le mani intrecciate a sostenere la nuca;
  2. Sarvangāsana, in italiano la candela;
  3. Halāsana, postura dell’aratro;
  4. Matsyāsana postura del pesce;
  5. Paschimottanāsana, piegamento in avanti da seduti, o “pinza”;
  6. Bhujangāsana postura del cobra;
  7. Salabāsana, postura della locusta;
  8. Dhanurāsana, postura dell’arco;
  9. Ardha matsyendrāsana, postura del “Signore dei Pesci”;
  10. Kakāsana, postura del corvo;
  11. Trikonāsana, postura del triangolo (esistono anche delle versioni in cui l’undicesima posizione è uttānāsana, “pinza in piedi”, o pādahastāsana, variante di uttānāsana con le mani sotto i piedi che si possono considerare posizioni di passaggio tra kakāsana e trikonāsana);
  12. Savāsana, postura del cadavere (nel caso in cui si consideri come undicesima posizione uttānāsana o la sua variante pādahastāsana, la dodicesima posizione viene considerata trikonāsana, fermo restando il rilassamento finale in savāsana).

Testi di riferimento

  1. Il Gorakṣa Paddhati (गोरक्षपद्धति) – “Sentiero di Gorakṣa” – detto anche Gorakṣa Saṃhitā (गोरक्ष संहिता) – “Raccolta di Gorakṣa” – consiste in una raccolta di circa 200 versi divisi in due sezioni chiamate in sanscrito śataka - 100, “un centinaio” – attribuita allo yogin Gorakṣanāth o Gorakhnāth, considerato il fondatore dello Haṭḥayoga[5]. Dato che i più importanti manuali di Haṭḥayoga conosciuti ai nostri giorni sono sostanzialmente degli estratti del “Sentiero di Gorakṣa" – come le due versioni del गोरक्षशतक Gorakṣa Śataka, lo योगमार्तण्ड Yoga Mārtaṇḍa, il विवेकमार्तण्ड Viveka Mārtaṇḍa, la योगचूडामण्युपनिषद् Yoga Cūḍāmaṇy Upanisad – o ne citano i versi e la descrizione delle tecniche – हठयोगप्रदिपिका Haṭha Yoga Pradīpikā e घेरण्ड संहिता Gheraṇḍa Saṃhitā – si può supporre che il “Gorakṣa Paddhati” sia il più antico testo di Haṭḥayoga giunto ai nostri giorni;
  2. Amṛtasiddhi (https://en.wikipedia.org/wiki/Amritasiddhi );
  3. Dattātreyayogaśāstra, testo vaisnava probabilmente composto nel XIII secolo d.C., Insegna un ottuplice yoga identico agli “Otto Passi” di Patañjali, che l’autore attribuisce a Yajnavalkya e ad altri, nonché otto mudrā che si dice siano state ideate da Kapila e da altri antichi maestri.Il Dattātreyayogaśāstra descrive: mahāmudrā,mahābandha,khecarīmudrājālandharabandhauḍḍiyāṇabandhamūlabandhaviparītakaraṇīvajrolī, amarolī e sahajolī;
  4. Il Vivekamārtaṇḍa, contemporaneo al Dattātreyayogaśāstra, descrive nabhomudrā (cioè khecarīmudrā), mahāmudrā, viparītakaraṇī e i tre bandha. Descrive anche sei Cakra e il risveglio di Kundalinī per mezzo dello "yoga del fuoco" (vahniyogena);
  5. Il Goraksaśatakạ, un testo Nāth dello stesso periodo quasi identico alla prima parte del Gorakṣa Paddhati, insegna śakticālanīmudrā (definita “stimolazione di Sarasvatī”) insieme ai tre bandha. La "stimolazione di Sarasvatī" viene eseguita avvolgendo la lingua in un panno e tirandola, stimolando la dea Kundalinī che si dice dimori all'altra estremità del canale centrale;
  6. Śārṅgadharapaddhati, un'antologia di versi compilata nel 1363, descrive l'Haṭhayoga, inclusi gli insegnamenti di Dattātreyayogaśāstra sulle cinque mudrā;
  7.  Il Khecarīvidyā descrive solo il metodo di khecarīmudrā, che ha lo scopo di dare accesso alle riserve di amrta nel corpo e di elevare Kundalinī tramite “la penetrazione dei sei cakra”;
  8.  La Yogabīja descrive tre bandha e śakticālanīmudrā allo scopo di risvegliare Kundalinī;
  9. L'Amaraughaprabodha descrive tre bandha come l'Amṛtasiddhi e lo Yogabīja;
  10. La Śivasamhitā insegna tutti e dieci i mudrā insegnati nelle opere precedenti così come le pratiche Śākta come la ripetizione della Śrīvidyā mantrarāja e l'adozione della posizione yonimudrā; il suo scopo è il risveglio di Kundalinī in modo che perfori vari fiori di loto e nodi mentre sale verso l'alto attraverso il canale centrale;
  11. Lo Haṭhayogapradīpikā è uno dei testi più influenti dell'Haṭha yoga. Fu compilato da Svātmārāma nel XV secolo d.C. Il testo elenca 35 grandi siddha a partire da Adi Natha, trai quali Matsyendranath e Gorakshanath. Include informazioni sugli Ṣatkarma (sei purificazioni), 15 Āsana pranayama (respirazione) e kumbhaka (ritenzione del respiro), mudrā (pratiche energetiche interiorizzate), meditazione, cakra (centri di energia), nadanusandhana e tecniche sessuali;
  12. Lo Amaraughasāsana è un manoscritto di Sharada che viene citato e copiato nel 1525 d.C. Frammenti di questo manoscritto sono stati trovati anche vicino a Kuqa nello Xinjiang (Cina). Il testo discute khecarimudrā, ma lo chiama saranas . Collega la posizione accovacciata utkatāsana, piuttosto che l'uso dei mudrā e con il risveglio di Kuṇḍalinī;
  13. Haṭha Ratnavali è un testo del XVII secolo che afferma che l'Haṭhayoga consiste di dieci mudrā, otto metodi di pulizia, nove kumbhaka e 84 Āsana;
  14. Haṭhapradīpikā Siddhantamuktavali è un testo dell'inizio del XVIII secolo che amplia lo Haṭhayogapradipikạ aggiungendo istruzioni pratiche e citazioni di altri testi;
  15.  Gheranda Samhita è un testo del XVII o XVIII secolo che presenta l'Haṭha yoga come "ghatastha yoga". Descrive sei metodi di purificazione, trentadue Āsana, 25/26 mudrā e dieci pranayama;
  16.  Jogapradīpikā un testo in lingua Braj del XVIII secolo di Ramanandi Jayatarama che presenta l'Haṭha yoga semplicemente come "yoga". Descrive sei tecniche di purificazione, 84 āsana, 24 mudrā e otto kumbhaka.
TORNA ALLA HOME PAGE

[1] Vedi: Jack Mezirow, Who Transformed the Field of Adult Learning, Dies at 91, su TC Media Center, Teachers College, Columbia University, 11 ottobre 2014.
[2] - Mihaly Csikszentmihaly, “Optimal Experience: Psycological Studies of Flow in Consciousness”, Cambridge University Press (1988) - Mihàly Csikszentmihàlyi, “Flow: The Psychology of Optimal Experience”, New Yorg, Harper & Row (1990), ISBN 0-06-092043-2.
[3] - J.Nakamura, M. Csikszentmihàlyii, “Flow Theory and Research”. In C.R. Snyder, Erik Wright and Shane J.Lopez (ed.). Handbook of Positive Psycology, Oxford University Press, ISBN 978-0-19-803094-2.
[4] Kendra Chelly, “What is Flow”. About Education. Retrived 30 marzo 2015.
[5] La versione cui facciamo riferimento è quella di Swami Vishnuswaroop pubblicata da “Divine Yoga Institute, Kathmandu 2017” (https://www.amazon.it/Goraksha-Samhita-Known-Paddhati-English-ebook/dp/B00QTCGI7W), Revisionata secondo l'edizione di Laxmi-Venkateshwar Press, Bombay

Commenti

Post popolari in questo blog

YOGA CITRĀ - LO YOGA DELLA DEA

Formazione Insegnanti Yoga:  Date, Costi, Programma, Yoga Retreats... Corsi riconosciuti da: - CSEN; - National Yoga Association of India; - International Yoga Sports Federation; - European Union of Yoga Organization; -  International Yoga Federation. - FORMAZIONE INSEGNANTI DATE DEGLI INCONTRI DI FORMAZIONE COSTI YOGA RETREATS FILOSOFIA ABOUT  Infotel: +39333414514 "Per noi, che studiamo, pratichiamo e insegniamo Yoga da decenni, le differenze tra Yoga fisico e Yoga filosofico sono fittizie. Che lo si chiami Tantra o Vedanta, Ashtanga o Hathayoga, secondo noi, lo Yoga è uno solo, ed è la preziosa eredità che gli antichi poeti, filosofi e scienziati dell’India hanno lasciato all'umanità intera." Laura Nalin  e  Paolo Proietti , Direttori Didattici e Insegnanti del Corso di Formazione Yoga Citra https://www.youtube.com/watch?v=WI6UNVVZ-oI CORSI DI FORMAZIONE IN PRESENZA  ED  ONLINE I nostri corsi di formazione - riconosciuti  in Italia sia all'estero -  sono rivolti s